Viaggio nel tempo

Ho da poco finito di leggere La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di A. Niffenegger, storia fitta di emozioni travolgenti. Come s’intende dal titolo i protagonisti sono la moglie, Clare, e l’uomo che viaggia nel tempo, Henry. Chi non vorrebbe provare l’ebbrezza di un viaggio nel tempo, passato o futuro che sia? Credo ognuno di noi, ma se fosse davvero come descritto nel libro, con tutte le conseguenze che ne derivano, fisiche e psicologiche, beh, magari anche no. O una volta soltanto.

Sta di fatto che l’altra sera stavo leggendo sdraiata sul letto – errore, errore grossolano – e a un certo punto, provando un fastidioso bruciore agli occhi, decido di “riposarli” per un istante…che si trasforma in un’ora di sonno profondo. Al mio risveglio realizzo che è ancora sera, che ho dormito con un braccio penzoloni che mi formicola all’inverosimile, e che ho il libro spalmato in faccia e la sensazione che le parole si siano tatuate sulla guancia. Tento di alzarmi, traballando ancora stordita, ma subito vengo assalita da una sensazione di nausea e la testa inizia a girarmi, e la stanza con lei. Ho fame e non capisco bene dove mi trovo e ho perso la cognizione del tempo. Proprio ciò che prova Henry quando si materializza nel passato o nel futuro, con la sola differenza che, per grazia divina, non sono nuda come un verme. Per un breve istante penso, “wow, forse ho viaggiato nel tempo!”, ma subito dopo torno con i piedi per terra e capisco che: 1) ero talmente immersa nella lettura che mi sono immedesimata nel protagonista cronoalterato; 2) avevo la nausea perché mi sono svegliata di colpo dopo aver dormito profondamente; 3) avevo fame perché…boh, in questo periodo ho sempre fame, non fa testo.

Avrete dunque capito che questo libro mi ha coinvolto sul serio, è una storia d’amore struggente ed estrema, non da tipico romanzo rosa, ma forte di un’unicità che rende i personaggi più che mai reali, di carne, sangue, sesso, alcool e sentimenti graffianti. E d’amore, soprattutto. Un amore di quelli che fanno invidia, per cui si venderebbe la propria anima al diavolo. Capitolo dopo capitolo mi sono innamorata perdutamente di Henry, della sua incostanza, della sua sofferenza e della dolcezza che lo contraddistinguono, ma anche di Clare, della sua forza inesauribile e della testardaggine, della pazienza con cui affronta le avversità bizzarre che la vita le somministra sin da piccola.

Ringrazio Luca che me lo ha regalato per Natale, se non l’avesse fatto non l’avrei mai letto e sarebbe stato un gran peccato, perchè fa parte di quel genere di storie che ti tengono sospeso tra realtà e sogno, tra possibilità e impossibilità, e che una volta conclusi ti fanno salire la bile, perchè non esiste un finale vero e proprio, perciò le possibilità sono diverse e ti ritrovi a costruire castelli mentali su che cosa ne sarà dell’uno e dell’altro personaggio. Che poi non sono più semplici personaggi, sono Clare e Henry, perbacco! Uscire dal caldo involucro di un libro la cui storia e i cui personaggi diventano parte integrante della tua giornata è traumatico tanto quanto uscire dal bozzolo di coperte nelle mattine d’inverno. Esiste situazione più sgradevole? 😉

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