Vacanze estive 2015: Georgia e Armenia

Mi rendo conto che ultimamente il mio blog è una landa desolata, e che le vacanze estive sono passate da un bel pezzo, ma che vi devo dire, sono una donna impegnata, soprattutto a bere e mangiare, a viaggiare, a ridere a crepapelle, a tentare di riallacciare i rapporti con persone che avevo accantonato e a conoscerne di nuove. Questo periodo fatto di spontaneità e “voglia di qualcosa di nuovo” della mia vita non dovrebbe finire mai. E di spontaneità si parla per la decisione di fare una vacanza in Georgia e Armenia.

La mia idea per l’estate era un trekking di 8 giorni in Germania nella valle del Reno, ma alla richiesta di una coppia di amici “Noi pensavamo di fare un viaggio fai da te in Georgia e Armenia, ti interessa?”, la mia risposta è stata affermativa. E quando mi ricapita l’occasione di visitare due paesi che fatico a collocare sulla cartina geografica? Mai più, probabilmente. Ed ecco come ha avuto inizio questa intensa esperienza di viaggio.

GEORGIA, 9-16 agosto

Raggiungere Tblisi, capitale della Georgia (il cui nome originale è Sakartvelo, mentre Georgia è utilizzato dagli stranieri), è stato faticoso come la marcia del pinguino imperatore in Antartide: treno da Torino a Verona il 7 agosto, sveglia prestissimo l’8 per raggiungere l’aeroporto di Venezia, volo Venezia-Istanbul, scalo di 14 ore nella capitale turca con cena a Sulthanahmet e notte passata sulle poltroncine dell’aeroporto, il 9 agosto volo Istanbul-Tblisi. In compenso, l’accoglienza al controllo passaporti all’aeroporto di Tblisi è stata del tutto inaspettata:

“Perchè si trova qui?”

“Sono in vacanza”

“Quando riparte?”

“Il 17 agosto.”

“Bene, ecco a lei”, e mi vedo porgere una bottiglia di vino georgiano da mezzo litro. Sorpresa e incredula, passo il tornello e osservo Anna e Martino ritirare la loro. Quindi in Georgia offrono il vino a ogni turista? Li adoro! E, detto tra noi, quel vino era davvero ottimo. Finalmente ritiriamo il bagaglio e prendiamo un taxi fino al Namaste Hostel nella città vecchia. Inutile dire che siamo andati dritti a dormire per un paio d’ore. Per dirla tutta, io e Anna siamo andate a dormire, Daniel e Martino sono stati ancora un po’ sul terrazzino a sbevazzare e ridere, impedendo per una buona mezzora alla sottoscritta di precipitare in quel sonno tanto bramato. Ma si sa, quando due persone non si vedono da tanto tempo hanno tanto da dirsi, non si può disturbare la loro gioia di raccontarsi storie.

Durante il primo giro di ricognizione nella capitale capisco subito che i georgiani sono ospitali e si prendono cura dei turisti, aiutandoli se in difficoltà. L’unico problema è la lingua: o non parlano inglese, o lo parlano, ma hanno una pronuncia poco comprensibile. Le difficoltà maggiori le abbiamo avute con i tassisti: non c’era verso di farsi capire, le abbiamo provate tutte, anche la lingua dei segni, niente. Riuscivamo ad arrivare approssimativamente in un luogo d’interesse vicino a quello che volevamo visitare, ma ogni volta perdevamo parecchio tempo. La soluzione è farsi scrivere in georgiano quello che si vuole visitare o la via in cui si trova. Altrimenti, noleggiatevi una Lada, se ne vedono parecchie in giro (quella rosa è mia, sappiatelo).

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Tblisi è una città dalle mille sfaccettature, il centro storico regala scorci che lasciano senza fiato per la loro bellezza, soprattutto se prendete la teleferica che vi porta alla fortezza, da cui ammirerete la città con le sue contraddizioni: monumenti antichi, chiese, monasteri ed edifici in tipico stile georgiano, che fanno a pugni con quella che alcuni chiamano “singaporizzazione”, con elementi come il ponte delle Libertà, 2 edifici a forma di phon giganteschi e l’imponente torre della televisione. Ammetto che quest’accozzaglia di stili, modernità e antichità, è assolutamente affascinante, soprattutto la notte quando tutto è illuminato, tranne le stradine della città vecchia, dove la torcia dello smartphone si rivela uno strumento indispensabile alla sopravvivenza.

La mattina seguente lasciamo presto l’ostello e ci rechiamo in taxi alla stazione Samgori a prendere il marshrutka in direzione Sighnaghi. Il marshrutka merita un paragrafo a parte: si tratta di un pulmino stravecchio, malandato, sporco e scomodo, con almeno un finestrino o il parabrezza danneggiato, guidato da un autista pazzo, rozzo, che parla solo ed esclusivamente georgiano e, a priori, vi odia. Odia tutti, turisti e non, uomini, donne e bambini, ma fa salire sul suo mezzo di trasporto obsoleto e scassato davvero qualsiasi persona, cosa o animale, l’importante è fare più soldi possibile. Non sorridetegli mai, non provate a contrattare, nulla di tutto ciò andrà a buon fine. Se il marshrutka può fare al massimo i 70 km/h, lui farà i 100, sorpasserà chiunque a destra o sinistra, in autostrada o in città, vi farà avere paura e ritroverete improvvisamente la fede. Ci sono marshrutka per qualsiasi destinazione: potete raggiungere comodamente Istanbul in sole 72 ore, o Mosca in 48; noi abbiamo percorso per fortuna tratte brevi, di massimo 5 ore, ma vi assicuro che bastano. Il lato positivo è il costo, davvero basso, direi ineguagliabile. Un’esperienza da fare assolutamente!

IMG-20150816-WA0007È successo anche questo…

Torniamo a Sighnaghi: adorabile cittadina della regione del Kakheti, è famosa per la produzione di vino e tappeti. Appena scesi dal marshrutka indiavolato, veniamo accolti da David, il gestore del B&B nel quale alloggeremo. David ha 30 anni e parla un buon inglese, per cui ne approfittiamo per toglierci qualche curiosità, ad esempio sulla guida: perchè, se si guida a destra, molte auto hanno la guida a sinistra? Vi assicuro che sorpassare è un incubo, perchè non si ha la giusta visibilità, e i passeggeri sudano freddo a ogni sorpasso, cosa che accade con una frequenza incontenibile, poichè i georgiani non sono noti per essere di temperamento paziente, meno che mai alla guida. Molti acquistano auto giapponesi di quarantesima mano, perchè costano poco. Per legge sarebbero proibite, ma il governo chiude un occhio, anche sulla scarsa manutenzione, altrimenti quasi nessuno potrebbe permettersi un’auto. Tornando alla città, vale la pena perdere una mattinata a fare un giretto verso la parte alta e sulle mura che circondano il suo ampio territorio e da cui si gode di una bellissima vista sul verde della campagna. La sera i ristoranti chiudono presto, perciò conviene andare a cena non oltre le 19.30. Usciti dal ristorante, godetevi, se le condizioni meteo lo consentono, il meraviglioso cielo stellato! Sempre facendo base a Sighnaghi, conviene fare un tour delle cantine dove si produce il vino: resterete sorpresi dalla bontà del prodotto georgiano approfittando delle degustazioni, spesso incluse nel prezzo, e affascinati dal metodo produttivo.

Da Sighnaghi, accompagnati con auto privata dal nostro prode David, siamo andati a visitare il monastero ortodosso di Davit Gareja, davvero molto suggestivo perchè in parte ricavato nella roccia. Una parte di esso si trova sul confine con l’Azerbaijan, e per raggiungerlo dovrete affrontare una salita di un paio d’ore piuttosto faticosa perchè totalmente esposta al sole cocente (portatevi almeno 1,5 litri d’acqua a testa perchè evaporerete), al termine della quale sarete ripagati da una vista senza pari. Quando tornerete indietro, invece, vi ritroverete ricoperti da una sottilissima polvere marroncina, come se aveste lavorato in una cava, e la doccia sarà il vostro unico desiderio. Il rientro a Tblisi, un paio d’ore di auto su strade improbabili e in mezzo al nulla cosmico, è stata un’ottima occasione per schiacciare un pisolino ristoratore per avere almeno la forza di uscire per cena, ovviamente dopo una doccia e un bicchiere di vino rosso.

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Il quarto giorno lo abbiamo dedicato alla visita di Tblisi e la sera abbiamo avuto l’opportunità di cenare, grazie a Daniel, con due georgiane doc, Nino e Tamara, che ci hanno raccontato cose molto interessanti su questo bel paese dell’ex Unione Sovietica che vorrebbe entrare a tutti gli effetti nell’UE.

Il giorno seguente ci siamo allontanati leggermente dalla capitale per visitare il monastero di Mtskheta, la cattedrale di Svetitskhaveli e la chiesa di Samtavro – non provate a pronunciare questo ammasso di consonanti, tanto non ci riuscirete. Colgo l’occasione per scrivere un appunto sui luoghi di culto: belli eh, interessante assistere a una funzione ortodossa eh, ma non dimenticate pantaloni lunghi fino ai piedi, maniche lunghe e, possibilmente, foulard per coprire il capo, altrimenti vi attaccano delle pezze che non avete idea, o semplicemente non vi fanno entrare; personalmente rinunciavo, perché con 40-42° all’ombra, i pantaloni lunghi se li potevano infilare loro, e non specifico dove…insomma, avete capito come la penso.

Il sesto giorno lasciamo definitivamente Tblisi e, con un taxi prenotato un paio di giorni prima, ci dirigiamo a Gori, città natale di Stalin, dove visitiamo il museo a lui dedicato e facciamo un giro nella cittadina, molto graziosa e che fa di tutto per dimenticare il passato e andare avanti. Nel pomeriggio facciamo ancora una tappa a Uplistsitkhe, antica città del 1000 a.C. scavata nella roccia, che vi ricorderà la Cappadocia. Vale davvero la pena visitarla, e anche qui assicuratevi di avere abbondante acqua con voi.DSCN0544

Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Kutaisi, seconda città più popolosa della Georgia, nella regione Imereti. A Kutaisi ha sede il Parlamento, trasferito di sede da Tblisi per favorire la concentrazione degli abitanti anche in altre città oltre alla capitale (Tblisi ha circa 1,5 milioni di abitanti, Kutaisi 300.000, l’intero Paese circa 5 milioni).

Kutaisi è umida, umidissima, ho già detto umida?, buia e triste. La cosa più bella da visitare è l’ostello Giorgi’s Homestay, dove trovate, appunto, Giorgi, un simpatico georgiano sui 45 anni che vi accoglierà come foste figli suoi e vi offrirà una grappa, cha cha, davvero forte e che non definirei buona, ma non si rifiuta mai un brindisi dell’ospite, nemmeno alle sei del pomeriggio a stomaco vuoto. Se poi vi vengono offerti anche degli ottimi fichi, beh, siete a cavallo. Il mattino seguente decidiamo di fare un tour di due grotte molto interessanti: Prometheus e Sataplia, famosa per le impronte di dinosauro (che sia vero o no, i miei occhi a cuore nel sentire pronunciare la parola “dinosauro”, hanno convinto anche i miei compagni di viaggio a visitare la grotta). Ed ecco un testimone decisamente importante:

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ARMENIA, 16-22 agosto

L’ottavo giorno è interamente dedicato al viaggio verso la nostra prossima meta: l’Armenia. Partiamo verso le 8 dalla stazione dei marshrutka di Kutaisi in direzione Akhaltsikhe, e durante il viaggio accade che foriamo in galleria. Niente panico, cambiamo la gomma e ci rimettiamo in marcia. Aspetta, ma quello che fuoriesce da sotto il bus è liquido dei freni? Sì, eh? Bene…niente panico abbiamo detto, questi cosi vanno avanti anche su una gomma sola. Proseguiamo quindi per la nostra meta e, quando la raggiungiamo, ci scoliamo una birra ciascuno per brindare alla propria vita salva per chissà quale santo o fatina o mini pony protettore. Dopo pranzo ci rimettiamo in marcia con il taxi che ci porterà a Gyumri, in Armenia!

Ci aspettano un paio d’ore di viaggio in macchina tra paesaggi a tratti verdi e collinosi, a tratti aridi e pianeggianti, con case sparse nel nulla, da cui spuntavano di quando in quando persone dall’aria spaesata di chi non vede molti turisti e si chiede che diavolo ci facciano da quelle parti. Mentre i miei compagni di viaggio sonnecchiavano e qualcuno dormiva nella grossa, complice l’aria condizionata, io cercavo di imprimere nella mia mente le immagini meravigliose che mi passavano davanti come diapositive, per non dimenticarle. Il controllo passaporti all’uscita della Georgia e all’entrata in Armenia è stato piuttosto facile, anche se ha richiesto più tempo del previsto. Non chiedetemi perchè, ha fatto tutto il nostro autista, grazie al cielo. Passato il confine, la strada si è fatta improvvisamente più sconnessa, tortuosa, ma di un fascino senza eguali. Ammetto che non avrei voluto guidare, avrei sicuramente danneggiato l’auto. In meno di un’ora eravamo a Gyumri, ma trovare il Bed & Breakfast di Artush e Raisa non è stato facile, perchè si trova in una zona periferica in una via sperduta e senza indicazioni. Varcato il cancello, però, gli occhi sono stati deliziati dalla vista di un orto verde e fiorito, e il naso da profumi di campagna e aria buona. Abbiamo subito conosciuto Raisa, la padrona di casa, che ci ha accolto come una zia accoglierebbe dei nipoti che non vede da anni. Ci siamo sistemati nelle camere e, in attesa della cena, ci siamo scolati l’ultima bottiglia di vino georgiano come aperitivo sotto gli alberi carichi di pere. La cena era ottima, abbondante e casalinga e Artush, che nel frattempo ci ha intrattenuto con la sua simpatia, ci ha invitato nella sala accanto ad ascoltare canzoni armene suonate da lui con la fisarmonica. Fuori soffiava un vento caldo e fastidioso, ma la musica ha reso la serata molto piacevole.

Abbiamo dedicato la mattina seguente alla visita del centro di Gyumri, cittadina dal passato industriale in cui si respira ancora aria di ex Unione Sovietica. Un vecchietto in auto si è fermato per fotografarci. Sì, avete letto bene, per fotografare noi in quanto turisti. 😀 Non mi era mai successo!

Non ho ancora detto che faceva caldo, MOLTO CALDO. La ricerca dell’ombra era un’ossessione.

Al rientro al B&B, i nostri cari ospiti Artush e Raisa si sono offerti di accompagnarci alla stazione dei marshrutka, dove abbiamo preso quello per Yerevan: in due ore si arriva comodamente – si fa per dire – nella capitale armena. Yerevan è una città di circa 1 milione e 100 mila abitanti, bella nel complesso, interessante dal punto di vista storico ed emotivo.

Dopo esserci sistemati nell’appartamento prenotato su Airbnb, abbiamo cercato un ristorante per la cena, e siamo capitati al Caucasus Tavern, ristorante accogliente ed economico, in posizione centrale e con piatti della tradizione armena e georgiana davvero ottimi!  Il giorno seguente abbiamo visitato il centro di Yerevan: prima di tutto Piazza della Repubblica, maestosa e caotica, dove trovate, tra i vari edifici, il museo di storia e la galleria nazionale. È una piazza impossibile da fotografare per intero con una semplice compatta, serve la funzione “panoramica” o il grandangolo.

Vi ho detto del CALDO che fa in Armenia d’estate? Sì, avete ragione, ma continuerò a ricordarvelo. Mi raccomando, non dimenticate di indossare un copricapo. MAI.

Passando davanti al Museo di Storia e alla bella fontana, che di notte pare sia uno spettacolo che vale la pena vedere per i giochi di luce, abbiamo attraversato la strada e, proseguendo per 200 metri ca., ci siamo persi in un mercatino dove si trova di tutto, dai souvenir acchiappaturisti, a dipinti di ogni sorta e alla musica tipica. Dopo il mercatino, prendendo lo stradone sulla destra, si arriva a una cattedrale davvero singolare: quella di San Gregorio l’Illuminatore, consacrata nel 2001 per celebrare i 1.700 anni della chiesa armena e l’adozione del cristianesimo come religione di Stato. Non c’entra assolutamente nulla con gli edifici che la circondano, e nemmeno deve. A dir poco meravigliosa e unica, color sabbia, sembra fragile e vien voglia di soffiare forte per vedere se si disintegra, ma è salda e imponente, un’oasi di pace nel traffico cittadino.

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 Il pomeriggio, dopo un pranzo veloce e leggero, siamo andati al Museo del Genocidio Armeno: prima abbiamo visitato il momumento e poi il museo. Tutto è costruito in modo sobrio, essenziale e toccante; accanto a fotografie e reperti storici ci sono didascalie in inglese, armeno e russo. Ci abbiamo messo circa due ore a fare il tour completo, ma merita davvero una visita.

Dopo il museo, per allontanare la tristezza, abbiamo deciso di visitare una delle due distillerie di cognac della città: abbiamo quindi fatto un bel tour guidato alla Noy (l’altra famosa è la Ararat), dove abbiamo degustato 2 cognac davvero interessanti, invecchiati rispettivamente 10 e 20 anni. Sono uscita dall’edificio così brilla da non riuscire quasi a camminare dritta… 😛

Il giorno seguente ci siamo lanciati in un tour sovietico della capitale armena: partiti con un pulmino e una guida giovane e simpatica, abbiamo visitato zone industriali abbandonate, la stazione, la metropolitana, un quartiere con i classici casermoni altissimi, grigissimi e sovieticissimi, abbiamo mangiato il gelato CCCP e scovato i resti dell’ultima statua di Lenin rimasta: una testa gigante.

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 Il pomeriggio ultimo giro turistico alla Cascade, una scalinata altissima al fondo di una piazza molto bella e arricchita da opere d’arte. Sulla scalinata, per fortuna, si può salire anche utilizzando le comodissime e fresche scale mobili…con 40° all’ombra ci hanno salvato!

Per il giorno successivo avevamo prenotato un tour di alcuni importanti monasteri con tappa a Dilijan e al lago Sevan. Il primo monastero era molto suggestivo, in montagna e piuttosto isolato, mentre il secondo sembrava essere più  intaccato dalla civiltà e, purtroppo, dal turismo: proprio di fronte al monastero, infatti, c’è un grande negozio di souvenir.

Per far capire all’autista che volevamo visitare il centro storico di Dilijan, consigliato da tutte le guide e non solo, abbiamo fatto una grande fatica, sia per l’impossibilità di comunicare in inglese, sia perché lui non riusciva a capire che cosa volessimo andare a fare a Dilijan, oltre che a perdere tempo. E in effetti…l’unica via della parte vecchia è molto carina e pittoresca, ma sarà lunga 100 metri, con massimo tre botteghe di prodotti tipici e un ristorante (in cui si mangia davvero ottimamente!). Come pausa pranzo non è male, la consiglio, altrimenti non vale davvero la pena fermarsi.

Ultima fermata della giornata è stato il lago Sevan con il monastero sovrastante, da cui si gode di una vista magica, e il cielo quel giorno, nella sua indecisione tra sole e pioggia, era splendido!

Il giorno dopo, l’ultimo della nostra fantastica vacanza, è stato all’insegna della lentezza: abbiamo dormito un po`più a lungo e poi ci siamo divisi, ragazzi e ragazze, perciò io mi sono goduta un pranzo e un pomeriggio in compagnia di Annina passando da un mercatino e da un bar all’altro per spendere gli ultimi spicci, poi, una volta tornate, abbiamo preparato con calma lo zaino, siamo andati a cena e abbiamo salutato Daniel, che è partito prima di noi.

Avendo il volo la mattina preso, abbiamo dormito davvero poco. E poi alla fine di un viaggio sono sempre pervasa da una sorta di ansia e un pizzico di tristezza, perchè finisce l’avventura e si torna alla vita di tutti i giorni. Per fortuna avevo ancora qualche giorno per riprendermi prima di tornare al lavoro!

E poi c’è anche il dispiacere di non aver visto tutto quello che avremmo voluto vedere: in Armenia deve essere molto bello il monastero di Tatev, perchè immerso nel verde, che però avrebbe richiesto più tempo a disposizione, con almeno una notte da trascorrere fuori, e purtroppo non ci è stato possibile organizzarci. In Georgia, invece, la regione dello Svaneti è famosa per il trekking e anche la parte che affaccia sul Mar Nero deve essere interessante da visitare. Si sa, quando si viaggia e non si ha tutto il tempo del mondo a disposizione, bisogna scegliere, selezionare, godersi quello che si riesce a fare, e noi ci siamo riusciti alla grande 🙂

Grazie ai miei fantastici compagni di viaggio, non solo per aver organizzato praticamente tutto, ma anche perchè siete di un’elasticità mentale e di una adattabilità tale che è un piacere viaggiare con voi e condividere ogni cosa ❤