Uova sì, uova no, uova boh

 

Le uova sono un elemento importantissimo per la nostra alimentazione. Le usiamo per fare la pasta, i dolci, le frittate, oppure li mangiamo da soli, strapazzati, all’occhio di bue, sodi, ecc. Ci chiediamo mai da dove vengono e come sono stati prodotti? La maggior parte delle volte no, li mangiamo e basta.

Da un po’ di tempo a questa parte ho iniziato a pormi molte domande, e alcune delle risposte avrei (forse) preferito non saperle: da dove viene quello che sto mangiando?,  È sano?, L’animale che lo ha prodotto è, a sua volta, sano?, e  via dicendo.

Una cosa che ritengo interessante è imparare a leggere le etichette e quei codicilli strani di cui non capiamo solitamente nulla. Tutte, o quasi tutte, le uova che compriamo hanno un codice formato da cifre e numeri, ognuno dei quali ha un significato preciso. Qui di seguito quelli che ritengo più importanti:

– il primo numero, che va da 0 a 3, indica il tipo di allevamento da cui provengono le uova; 0 = allevamento biologico; 1 = allevamento a terra all’aperto; 2 = allevamento a terra al chiuso; 3 = allevamento in batteria. Ovviamente lo 0 e l’1 sono da preferire, perché il 2 e il 3 sono quasi la stessa cosa. Nell’allevamento in batteria le galline hanno uno spazio a disposizione equivalente a poco meno di un foglio A4, quando sono ancora pulcini viene tagliata loro l’estremità del becco e delle zampe in modo che, se si innescano combattimenti, non si feriscano. Questi animali vivono a strettissimo contatto l’uno con l’altro, perciò vengono somministrati loro medicinali in modo che non si diffondano malattie. Negli allevamenti a terra al chiuso si arriva ad avere fino a 30.000 esemplari per capannone. Non sono in batteria, ma i procedimenti sono identici e gli spazi anche. I capannoni di entrambi non hanno finestre, perché sono gli allevatori stessi a decidere i ritmi biologici degli animali, accendendo e spegnendo la luce secondo le modalità dettate dall’economia. Ovviamente anche le galline allevate a terra vengono imbottite di medicinali, anche perché vivono nei loro stessi escrementi, e le malattie si diffondono velocemente. Certo è che nei supermercati la scelta non è molto vasta, la maggior parte delle uova provengono dagli allevamenti 2 e 3. Ma anche nei negozi la situazione è più o meno la stessa. Personalmente sono fortunata perché mio zia alleva polli e galline all’aperto e in spazi che una gallina ovaiola invidierebbe, perciò spesso mangio uova di buona qualità, prodotte da galline che almeno vivono a lungo e vedono la luce del sole.

– Le due lettere che seguono questo numero indicano il paese di provenienza, mentre le seguenti due indicano la provincia di provenienza. Inutile dire di preferire uova italiane provenienti dalla provincia più vicina: fanno meno strada, perciò meno inquinamento e meno pericoli dovuti allo spostamento (questo vale anche e soprattutto per la carne).

Un’ultima cosa: non “sentitevi meglio” se leggete sulla confezione delle uova “da allevamento a terra”, perché probabilmente sono quegli allevamenti di cui ho parlato sopra, ovvero al chiuso, con le loro inevitabili conseguenze. Una gallina sana produce uova sane. Una gallina che vive in un ambiente chiuso e a cui vengono somministrati regolarmente medicinali, beh, non è il massimo.

Credo che l’informazione sia molto importante per diventare consapevoli. Poi sta alla sensibilità del singolo decidere come comportarsi.

Fonti: Eating Animals, di Jonathan Safran Foer.

Video su selezione di galline ovaiole

Video su condizioni di vita (e morte) delle ovaiole

 

 

 

 

 

 

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2 pensieri su “Uova sì, uova no, uova boh

  1. Babyjan ha detto:

    Non ti saprei rispondere scientificamente, ma uova prodotte da galline malate, alimentate spesso con mangimi a basso costo (che perciò potrebbero essere contaminati), comportano rischi per la salute dell’uomo, vedi ad esempio il caso delle uova alla diossina. Ad ogni modo io noto la differenza tra un uovo con codice 3 e uno di quelli che compriamo da mia zia: il guscio è più resistente, l’uovo è più denso e ha un colore diverso, il tuorlo è di un arancio più intenso; non saprei a livello nutritivo se c’è differenza sostanziale (anche se secondo me sì). Qui il problema sta soprattutto nel fatto che sfruttare così un animale è sbagliato, punto 🙂

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